Università telematiche. Permessi studio per seguire le lezioni solo se si dimostra di aver seguito le lezioni in orari e giorni coincidenti con quelli di lavoro. Civile Ord. Sez. L Num. 25038 Anno 2025
Fatto
Il Tribunale di Milano dichiarava il diritto di Omissis, Omissis e omissis a godere dei permessi studio, di cui all'articolo 48 del CCNL del Comparto Agenzie Fiscali, ritenendo infondata la richiesta avanzata dalla Agenzia delle Dogane e dei Monopoli in ordine alla necessità che gli stessi attestassero a mezzo di certificazione dell'università telematica da loro frequentata che le lezioni potessero essere eseguite solo negli specifici giorni ed orari nei quali gli stessi avevano fruito dei permessi dal 2016 in poi, anziché in tempi esulanti da quelli lavorativi.
Ad avviso del giudice di prime cure, dalla disciplina contrattuale collettiva e dalla circolare ministeriale n. 12/2011 si desumeva il diritto dei dipendenti a godere dei permessi per seguire le lezioni nelle ore di ufficio, senza alcun onere di dimostrare che la frequenza non potesse avvenire in orario diverso.
La Corte di appello di Milano confermava la sentenza di primo grado, ritenendo infondata la tesi dell'amministrazione secondo cui la fruizione dei permessi oggetto di causa richiederebbe l'impossibilità di frequenza dei corsi in orario diverso da quello lavorativo.
Avverso tale pronuncia proponeva ricorso per Cassazione l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli con un unico motivo di ricorso cui resistevano con controricorso i dipendenti indicati in epigrafe.
Ad avviso della ricorrente la Corte di merito avrebbe errato in ordine all'interpretazione della norma contrattuale che stabilisce, invece, la necessaria coincidenza degli orari dei corsi con orario lavorativo, affinché il dipendente abbia diritto ai permessi di studio in questione.
Conseguentemente, occorrerebbe operare una distinzione a seconda che i lavoratori frequentino un'università telematica oppure siano iscritti ad un corso tenuto in presenza, in quanto solo nel secondo caso sussiste l'obbligo per gli studenti di frequentare le lezioni negli orari prestabiliti dall'ateneo.
In altri termini, la coincidenza dell'orario lavorativo con un evento al quale la legge collega un'ipotesi di assenza giustificata costituisce una condizione indefettibile la cui mancanza fa venir meno la motivazione stessa dell'assenza che non può dipendere da scelte discrezionali del dipendente, ma da fatti oggettivi coincidenti con le ordinarie prestazioni lavorative.
Pertanto, non sussistendo l'obbligo per gli studenti di università telematiche di frequentare i corsi online in orari coincidenti con l'orario di servizio mancherebbe il presupposto affinché gli stessi possano fruire dei permessi studio retribuiti.
Per la Cassazione Il motivo è fondato.
Il giudice di merito ha ritenuto infondata la richiesta dell'amministrazione di presentazione da parte dei dipendenti di idonea documentazione a mezzo di certificazioni dell'Università Telematica da loro frequentata che attestassero che le lezioni potessero essere seguite soltanto negli specifici giorni ed orari nei quali gli stessi avessero fruito dei permessi dal 2016 in poi anziché in tempi esulanti da quelli lavorativi.
L'art. 46 del CCNL citato rubricato "Diritto allo studio" stabilisce:
"1. Ai dipendenti sono concessi - in aggiunta alle attività formative programmate dall'amministrazione - permessi retribuiti, nella misura massima individuale di 150 ore per ciascun anno solare e nel limite massimo, arrotondato all'unità superiore, del 3% del personale in servizio a tempo indeterminato presso ciascuna amministrazione, all'inizio di ogni anno. Le amministrazioni articolate sul territorio provvedono a ripartire il contingente di personale di cui al presente comma tra le varie sedi.
[...]
I permessi di cui al comma 1 sono concessi per la partecipazione a corsi destinati al conseguimento di titoli di studio universitari, post - universitari, di scuole di istruzione primaria, secondaria e di qualificazione professionale, statali, pareggiate o legalmente riconosciute, o comunque abilitate al rilascio di titoli di studio legali o attestati professionali riconosciuti dall'ordinamento pubblico e per sostenere i relativi esami.
I permessi di cui al presente articolo sono fruiti, con le modalità di cui ai commi precedenti, anche dai dipendenti appartenenti a profili professionali comportanti l'iscrizione ad ordini o collegi professionali, per la partecipazione ai corsi di formazione organizzati dagli ordini e collegi o da altri soggetti autorizzati, ai sensi della vigente normativa in materia."
Conseguentemente, i dipendenti per poter usufruire dei permessi per motivi di studio devono presentare apposite certificazioni come affermato da questa Corte (Cass. Civ., sezione lavoro, sent. n. 10344/2008 e ribadito nella successiva sentenza n. 17128/2013) secondo cui per frequenza ai corsi deve intendersi la partecipazione alle lezioni coincidenti con l'orario di servizio, con esclusione della mera attività di studio.
Pertanto, nel caso di università telematiche, in relazione alle lezioni erogate in modalità asincrona, non può che ritenersi che il lavoratore ha diritto a fruire dei permessi solo nel caso in cui dia prova alla propria amministrazione di appartenenza di aver seguito effettivamente lezioni trasmesse in via telematica esclusivamente in orari e giorni coincidenti con quelli in cui è tenuto a svolgere la propria attività lavorativa.
Dunque, per quanto riguarda la partecipazione ai corsi delle università telematiche, proprio la circostanza che il lavoratore non è tenuto a rispettare un orario di frequenza del corso in orari prestabiliti induce a ritenere che ciò possa avvenire anche al di fuori dell'orario di lavoro, con il conseguente venire meno di ogni necessità di fruizione dei permessi di cui si tratta.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso e decidendo nel merito rigetta l'azionata domanda.
Compensa le spese dei gradi di merito.
Condanna i controricorrenti al rimborso di € 5.000,00, a titolo di compensi, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro della Corte suprema di cassazione il 15 aprile 2025.

