
Non è licenziabile il lavoratore sorpreso in attività di svago se prescritto dal medico curante. Cassazione sentenza n. 9647 del 13 aprile 2021
Rxxxxxx Bxxxxxxxx adiva il Tribunale di Napoli ed esponeva di aver prestato attività lavorativa alle dipendenze della xxxx s.p.a. dal 27/2/2012 svolgendo mansioni di operatore ecologico raccoglitore; di aver ricevuto in data 18/9/2014 contestazione disciplinare perché - assente per
malattia nel periodo 14-26 agosto 2014 - era stato impegnato in altre attività, ponendo in essere un comportamento incompatibile col proprio stato di salute; di esser stato licenziato per giusta causa in data 26/9/2014.
Sulla scorta di tali premesse, chiedeva dichiararsi l' illegittimità del provvedimento espulsivo e la condanna della società alla reintegra nel posto di lavoro ed al risarcimento del danno.
Si costituiva la società che resisteva al ricorso chiedendo fosse respinto.
A seguito della opposizione spiegata dal Bxxxxxxxx, il Tribunale di Napoli, in accoglimento della stessa, con sentenza 22/6/2016 dichiarava illegittimo il licenziamento intimato e ordinava la reintegra del ricorrente nel posto di lavoro, condannando la società al pagamento in suo favore, del risarcimento del danno quantificato in dodici mensilità della retribuzione globale di fatto.
La Corte distrettuale adita dalla società soccombente, rinnovati gli accertamenti medico-legali, confermava detta pronuncia con sentenza resa pubblica in data 28/2/2018.
A fondamento del decisumil giudice del gravame richiamava in via di premessa, gli orientamenti espressi dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui lo svolgimento di attività lavorativa o extralavorativa da parte del dipendente assente per malattia può giustificare il recesso del datore di lavoro in relazione alla violazione dei criteri di correttezza e buona fede e degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà, nell'ipotesi in cui l'attività esterna sia di per sé sufficiente a far presumere l'inesistenza della malattia, dimostrando una fraudolenta simulazione, e nel caso in cui la medesima attività, valutata con giudizio ex ante in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, possa pregiudicare o ritardare laguarigione e il rientro in servizio.
In fatto, osservava che il Bxxxxxxxx aveva allegato certificato medico attestante la diagnosi di "episodio di depressione maggiore" con prescrizione di 15 giorni di riposo e cura.
Vertendosi in tema di patologia di natura neurologica, ed alla stregua degli esiti degli accertamenti peritali, i comportamenti ascritti al lavoratore non erano da ritenersi sintomatici di una simulazione della malattia, né incompatibili con essa, ovvero forieri di ritardi nella guarigione.
Avverso tale decisione la società xxxx interpone ricorso per cassazione.
Resiste con controricorso l'intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La Corte di merito si sarebbe acriticamente adeguata alle conclusioni rassegnate dal nominato ausiliare senza valutarne la complessiva attendibilità né confrontarne gli esiti con le disposizioni di legge applicabili.
Il motivo non è fondato.
• La violazione del precetto normativo di riferimento da parte della Corte territoriale non appare riscontrabile nella fattispecie, essendo valutabile in termini di ragionevolezza l'elaborato giudizio di sussunzione del fatto concreto, siccome accertato, nella norma generale.
Spetta al dipendente, indubbiamente secondo il principio sulla distribuzione dell'onere della prova, dimostrare la compatibilità di dette attività con la malattia impeditiva della prestazione lavorativa, la mancanza di elementi idonei a far presumere l'inesistenza della malattia e quindi, una sua fraudolenta simulazione, e la loro inidoneità a pregiudicare il recupero delle normali energie psico - fisiche, restando peraltro la relativa valutazione riservata al giudice del merito all'esito di un accertamento da svolgersi non in astratto, ma in concreto, con giudizio ex ante.
Il periodo di assenza per malattia costituisce illecito disciplinare e può essere ritenuto contrattualmente illegittimo per violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà, sia quando l'attività esterna, prestata o meno a titolo oneroso, sia per sé sufficiente a far presumere l'inesistenza della malattia dimostrando, quindi, una sua fraudolenta simulazione; sia quando, in violazione del dovere preparatorio all'adempimento e valutata in; relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, l'attività stessa possa pregiudicare o ritardare la guarigione e il rientro in servizio del lavoratore ...
Mentre i comportamenti assunti dal lavoratore nel periodo di assenza per malattia erano compatibili con la diagnosi di una patologia di natura neurologica anche se giudicata dal CTU nominato in grado di appello di minore gravità (lieve stato ansioso depressivo) rispetto a quella
diagnosticata in prime cure (episodio di depressione maggiore).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna ìl ricorrente al pagamento delle spese...