Niente licenziamento per scarso rendimento se la malattia rientra nei limiti del tempo di comporto - Corte di Cassazione, sentenza n. 11174 del 27 aprile 2023.
La Suprema Corte, seguendo un orientamento ormai consolidato ha confermato il principio secondo cui il datore di lavoro non può licenziare il dipendente per scarso rendimento dovuto a eccessivi casi di malattia registrati durante un periodo considerato il numero complessivo delle persone prese in considerazione ...
Infatti, secondo la S.C. le assenze dal lavoro per malattia possono giustificare il licenziamento esclusivamente se viene superato il periodo cosiddetto di comporto ex art. 2110 comma 2 c.c.
Nel caso in esame la Corte d'appello, che ha esaminato il licenziamento di un lavoratore, ha accertato che lo stesso era stato licenziato dalla società che aveva ritenuto poco proficua la sua attività a causa delle ripetute assenze per malattia..
Per La Suprema Corte il licenziamento intimato prima della scadenza del periodo di comporto, fissato dalla contrattazione di riferimento è da considerarsi nullo per violazione della norma imperativa di cui all'art. 2110 comma 2 c.c. (Cass. SS.UU. n. 12568/2018).
Difatti il periodo di comporto garantisce il diritto del lavoratore di preservare, entro certi limiti, il posto di lavoro durante la malattia, bilanciando gli interessi delle parti del rapporto: se da un lato il lavoratore ha diritto a tutelare la propria salute conservando, per il tempo necessario a curarsi, il posto di lavoro (diritti garantiti dalla Costituzione agli artt. 32 e 4 comma 1), dall'altro lato il datore di lavoro ha interesse a mantenere alle proprie dipendenze lavoratori "produttivi" per preservare l'organizzazione aziendale (diritto anch'esso costituzionalmente tutelato dall'art. 41 Cost.).
In buona sostanza, Il periodo di comporto, nel trovare il giusto bilanciamento tra gli interessi contrapposti del lavoratore e del datore, impedisce al datore di lavoro di licenziare il lavoratore assente per malattia fino al suo superamento, questo anche se la reiterazione delle assenze per malattia possono rendere la sua prestazione meno proficua rispetto a quella di altri lavoratori.
La S. C , richiamando la Sent. n. 31763/2018, ha ribadito che le assenze per malattia del lavoratore non possono costituire il parametro per valutare il rendimento del lavoratore, ciò in quanto il licenziamento per scarso rendimento costituisce un licenziamento per giustificato motivo soggettivo, di natura disciplinare, ed è legittimo solamente nella misura in cui al lavoratore sia ascrivibile una condotta negligente desumibile dal mancato raggiungimento del risultato atteso, oggettivamente raggiungibile, a causa di un colpevole inadempimento degli obblighi contrattuali, con notevole sproporzione tra il risultato atteso e quello ottenuto.
La stessa Cassazione, con la sentenza n. 9453/2023, ha recentemente chiarito che l'inadempimento del prestatore, ai fini della legittimità del licenziamento intimato per scarso rendimento, può anche desumersi dal raffronto con l'operato dei colleghi, nel caso in cui da tale paragone emerga una notevole sproporzione dei risultati raggiunti.
Si tratta, però, di una fattispecie diversa da quella in esame: come ha ricordato la Suprema Corte con la sentenza in commento, il licenziamento connesso all'elevata morbilità del lavoratore è qualificabile "come un particolare tipo di licenziamento per giustificato motivo oggettivo", il quale "si collega da un lato all'esistenza di una o più malattie e dall'altro al fatto oggettivo del tempo complessivamente trascorso in malattia