La registrazione di una conversazione tra presenti, se finalizzata al legittimo esercizio del diritto difesa, non può, in quanto tale, integrare un illecito disciplinare Cassazione 287398 del 29 Settembre 2022.
La registrazione di una conversazione tra persone presenti su un nastro magnetico costituisce fonte di prova nei limiti specificatamente individuati.
E' quanto stabilito dalla Suprema Corte di Cassazione, confermando il proprio orientamento, nella sentenza 287398 del 29 Settembre 2022.
Quanto affermato, a condizione che la persona avverso il quale la stessa registrazione viene prodotta non contesti che la conversazione sia realmente avvenuta, contestazione che deve svolgersi nel rispetto delle preclusioni processuali di cui agli artt. 167 e 183 c.p.c., deve essere chiara, circostanziata ed esplicita e concretizzarsi nell'allegazione di elementi che attestino la non corrispondenza tra la realtà fattuale e quella riprodotta (cfr. Cass. nn. 1250/2018 e 5259/2017).
Antresì, sempre che almeno una delle persone, tra cui la conversazione si svolge, sia parte in causa.
Affinchè la registrazione di una conversazione, avvenuta tra un dipendente e i colleghi presenti e ignari della registrazione stessa, non configuri una grave violazione del diritto alla riservatezza, tale da giustificare il licenziamento, occorre fare riferimento alla norma di cui all'art. 24 del D.Lgs. n. 196/2003.
Tale disposizione, come già chiarito recentemente dalla Cassazione n. 31204/2021, consente di prescindere dal consenso dell'interessato laddove il trattamento dei dati, che non riguardino una parte del giudizio in cui la produzione viene eseguita, risulti necessario per far valere o difendere un diritto, a condizione che essi siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento.
Di conseguenza, non integra un illecito disciplinare la condotta del lavoratore che, per tutelare la propria posizione in azienda e, altresì, per precostituirsi un mezzo di prova, abbia effettuato tali registrazioni qualora tale condotta risponda alle necessità conseguenti al legittimo esercizio di un diritto, purché essa sia pertinente alla tesi difensiva e non eccedente le finalità della medesima (cfr. Cass. n. 11322/2018). Il che, ad avviso della Cassazione, trova applicazione nel caso di specie in cui il lavoratore, gravato del difficile assolvimento dell'onere probatorio, ha denunciato la ritorsività del licenziamento intimatogli avvalendosi, a scopo difensivo, delle registrazioni di conversazioni effettuate in azienda.
La giurisprudenza di , In relazione al diritto di difesa, ha già avuto modo di affermare che esso non va inteso come limitato alla pura e semplice sede processuale, giacché tale diritto si estende a tutte quelle attività dirette ad acquisire prove utilizzabili in giudizio, prima ancora che la controversia sia stata formalmente instaurata.
Pertanto, la condotta di registrazione di una conversazione tra presenti, se rispondente alle necessità conseguenti al legittimo esercizio del diritto di difesa, essendo coperta dall'efficacia scriminante di cui all'art. 51 c.p., di portata generale nell'ordinamento e non limitata soltanto all'ambito penalistico, non può, in quanto tale, integrare un illecito disciplinare: occorre, quindi, bilanciare attentamente la tutela di due diritti fondamentali, quali la garanzia della libertà personale, sotto il profilo della riservatezza delle comunicazioni, e il diritto alla difesa.