La denuncia del whistleblower non lo salva dai propri illeciti. Cassazione Ordinanza n. 9148 del 31.03.2023.

30.04.2023

Il Caso in esame.

Omissis, infermiera  presso "Complesso Ospedaliero" è stata sanzionata dal proprio datore di lavoro, con la sospensione per quattro mesi, per avere svolto attività presso ente privato, non autorizzata,  per circa otto anni e con introiti non irrisori, assommanti a circa ventottomila euro;

la Corte d'Appello di Roma, confermando la pronuncia di primo grado del Tribunale della stessa città, ha rigettato l'impugnazione di tale sanzione proposta dalla sul punto decisivo, concernente la disciplina sul c.d. whistleblowing, di cui all'art. 54-bis d. Igs. 165/2001.

 la Corte territoriale ha ritenuto che la norma non potesse costituire uno scudo generalizzato rispetto agli illeciti del dipendente, al massimo la denuncia potendo costituire esimente in caso di concorso nel medesimo fatto illecito denunciato;

L'ordinanza

Per la Cassazione,  "la normativa sul whistleblowing mira a tutelare le segnalazioni effettuate dai dipendenti ai propri superiori circa gli illeciti altrui, con l'effetto di impedire che il segnalante possa, per questo, essere sanzionato o sottoposto a misure  discriminatorie aventi effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati alla denuncia.

Pertanto, secondo la Suprema Corte di Cassazione, "l'applicazione al dipendente di una sanzione per comportamenti illeciti propri resta, dunque, al di fuori della copertura fornita dalla norma.