
Si all’indennità per ferie non godute all’atto della cessazione del rapporto di Lavoro se il datore non dimostra di aver formalmente invitato il lavoratore alla fruizione. Cass. Civ Sent. Sez. L Num. 18140 - 2022
FATTI DI CAUSA
1. OMISSIS, già dirigente della struttura complessa di Anestesia, rianimazione, terapia iperbarica ed antalgica, presso l'ex Azienda Ospedaliera di OMISSIS (poi Presidio Ospedaliero "Ospedali Riuniti" di OMISSIS) ha agito nei confronti dell'Azienda Sanitaria Provinciale di OMISSIS (di seguito, ASP) rivendicando il diritto all'indennità per ferie non godute all'atto della cessazione del rapporto, in misura di 258 giornate, dell'indennità per 152 turni notturni di effettivo servizio svolti in rianimazione, se del caso ai sensi dell'art. 2041 c.c., nonché per dieci turni mensili di pronta disponibilità/reperibilità dal 2005 al 2009 ed infine, ai sensi dell'art. 2041 c.c., di un indennizzo per lo svolgimento dell'attività di gestore dell'elisuperficie.
2. La domanda, parzialmente accolta dal Tribunale di OMISSIS con riferimento alle ferie non godute ed all'indennità per i turni di disponibilità, veniva integralmente respinta, in riforma della sentenza di prime cure, dalla Corte d'Appello di Palermo. La Corte territoriale riteneva che, avendo il OMISSIS piena autonomia nell'organizzazione delle proprie ferie ed essendo tenuto, ove eccezionali esigenze di servizio non lo consentissero, a comunicare all'Azienda preventivamente la pianificazione delle proprie attività istituzionali, come poi previsto anche da successiva contrattazione collettiva, sosteneva che, stante l'inerzia del OMISSIS nell'attivare le predette procedura di informazione e stante l'assenza di prova, con la necessaria conducenza e specificità, di esigenze sopravvenute che non fossero riconducibili alla situazione endemica di insufficienza di organico, la pretesa non potesse trovare accoglimento.
Analogamente, riteneva la Corte territoriale, lo svolgimento da parte del dirigente di struttura dei turni di reperibilità non poteva essere imputato alla Asl, spettando al dirigente di struttura, nel contesto delle proprie responsabilità, organizzarli in modo da assicurare la loro integrale copertura, risultando non a caso, i dirigenti di strutture complessa non inseriti nell'ambito della c.d. reperibilità integrativa dei servizi di guardia.
La Corte di merito rigettava altresì l'appello del OMISSIS avverso i capi della sentenza di primo grado che avevano disatteso le sue domande rispetto ai servizi di guardia notturna ed alla gestione dell'elisuperficie, rimarcando l'estraneità dei predetti turni alla dirigenza medica primariale, secondo l'art. 16 del C.C.N.L., non potendosi neppure ipotizzare, come anche per la gestione dell'elisuperficie, un indennizzo ai sensi dell'art. 2041 c.c., trattandosi di prestazioni rese nell'ambito di un rapporto di lavoro pubblico che per definizione non potevano che trovare fonte nel contratto di lavoro, senza spazi per altre e diverse azioni.
3. Il OMISSIS ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi, poi illustrati da memoria e resistiti da controricorso dell'ASP.
La causa, dapprima avviata alla sede camerale, è stata poi rimessa ad udienza pubblica ed è stata infine trattata secondo le forme scritte del rito di cui all'art. 23, comma 8 bis d.l. 137/2020, conv. con mod. in L. 176/2020.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell'art. 360 n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell'art. 21, co. 13, del C.C.N.L. dirigenti sanità del 5.12.1996, dell'art. 15, co. 1 e 2 nonché 2, co. 2, del medesimo C.C.N.L. 2002/2005 ed omesso esame di un fatto decisivo (art. 360 n. 5 c.p.c.), rilevando come, sebbene la contrattazione collettiva prevedesse il diritto alla monetizzazione delle ferie ancora non godute alla cessazione del rapporto, la Corte territoriale, pur accertando ed affermando l'esistenza di un'endemica carenza di organico, avesse poi ritenuto di disattendere la domanda, il tutto a fronte di un impegno del ricorrente che aveva garantito, in un reparto di assistenza intensiva, la indispensabile continuità terapeutica.
2. Il motivo è fondato, in quanto, anche sulla base delle considerazioni che seguono, va data continuità al principio, di recente affermato da questa S.C., secondo cui rispetto alle ferie «il dirigente il quale, al momento della cessazione del rapporto di lavoro, non ne abbia fruito, ha diritto a un'indennità sostitutiva, a meno che il datore di lavoro dimostri di averlo messo nelle condizioni di esercitare il diritto in questione prima di tale cessazione, mediante un'adeguata informazione nonché, se del caso, invitandolo formalmente a farlo» (Cass. 2 luglio 2020, n. 13613).
2.1 È noto che in passato si era consolidato un diverso principio, secondo cui «il lavoratore con qualifica di dirigente che abbia il potere di decidere autonomamente, senza alcuna ingerenza da parte del datore di lavoro, circa il periodo nel quale godere delle ferie, ove non abbia fruito delle stesse non ha diritto ad alcun indennizzo, in quanto se il diritto alle ferie è irrinunciabile, il mancato godimento imputabile esclusivamente al dipendente esclude l'insorgenza del diritto all'indennità sostitutiva, salvo che il lavoratore non dimostri la ricorrenza di eccezionali ed obiettive esigenze aziendali ostative a quel godimento» (nel lavoro privato Cass. 7 giugno 2005, n 11786; Cass. 7 marzo 1996, n. 1793; nel lavoro pubblico, Cass., S.U., 17 aprile 2009, n. 9146).
2.2 Sul tema dispiega decisiva influenza la normativa eurounitaria e, secondo Corte di Giustizia 6 novembre 2018, Max-Planck, infatti, «l'articolo 7 della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro, e l'articolo 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale, come quella discussa nel procedimento principale, in applicazione della quale, se il lavoratore non ha chiesto, nel corso del periodo di riferimento, di poter esercitare il suo diritto alle ferie annuali retribuite, detto lavoratore perde, al termine di tale periodo - automaticamente e senza previa verifica del fatto che egli sia stato effettivamente posto dal datore di lavoro, segnatamente con un'informazione adeguata da parte di quest'ultimo, in condizione di esercitare questo diritto».
D'altra parte, la Direttiva estende i propri effetti in tema di ferie anche ai dirigenti (v. art. 17 Direttiva 2003/88/CE, che, nel consentire agli Stati membri un diverso trattamento rispetto ai diritti dei dirigenti, esclude dalle norme derogabili l'art. 7, riguardante appunto le ferie) e deve dunque definirsi come operino, rispetto ad essi, i principi fissati in sede eurounitaria, essendosi espressamente affermato, nel contesto della pronuncia citata, la necessità che il giudice nazionale operi «prendendo in considerazione il diritto interno nel suo complesso e applicando i metodi di interpretazione riconosciuti da quest'ultimo», onde «pervenire a un'interpretazione di tale diritto che sia in grado di garantire la piena effettività del diritto dell'Unione».
La Corte di Giustizia individua nel proprio ragionamento tre cardini del giudizio di diritto demandato al giudice nazionale, al fine di assicurare che il lavoratore sia stato messo effettivamente nelle condizioni di esercitare il proprio diritto alle ferie, consistenti:
a) nella necessità che il lavoratore sia invitato «se necessario formalmente» a fruire delle ferie e «nel contempo informandolo - in modo accurato e in tempo utile ... se egli non ne fruisce, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento» (punto 45);
b) nella necessità di «evitare una situazione in cui l'onere di assicurarsi dell'esercizio effettivo del diritto alle ferie annuali retribuite sia interamente posto a carico del lavoratore» (punto 43);
c) infine, sul piano processuale, nel prevedere che «l''onere della prova, in proposito, incombe al datore di lavoro ..... sicché la perdita del diritto del lavoratore non può aversi ove il datore «non sia in grado di dimostrare di aver esercitato tutta la diligenza necessaria affinché il lavoratore sia effettivamente in condizione di fruire delle ferie annuali retribuite alle quali aveva diritto».
Può essere che, rispetto ad un dirigente, per la normale posizione di minor debolezza e maggiore conoscenza dei dati giuridici, le predette condizioni possano trovare in concreto applicazioni di minor rigore, sotto il profilo dell'intensità informativa o del grado di diligenza richiesta al datore di lavoro, ma certamente essi permangono a governare l'istituto dell'attribuzione, perdita o monetizzazione delle ferie.
2.3 La lettura della Corte di Giustizia si coordina del resto con l'orientamento interpretativo della Corte Costituzionale, quale manifestato quando fu ad essa sottoposta questione di legittimità rispetto alla previsione, qui non applicabile ratione temporis, dell'art. 5, co. 8, d.l. 95/2012, conv., con mod. in L. 135/2012 secondo cui, nell'ambito del lavoro pubblico, le ferie, i riposi e i permessi siano obbligatoriamente goduti secondo le previsioni dei rispettivi ordinamenti e che non si possano corrispondere «in nessun caso» trattamenti economici sostitutivi.
In proposito Corte Costituzionale 6 maggio 2016, n. 95, ha ritenuto che la legge non fosse costituzionalmente illegittima, in quanto da interpretare nel senso che la perdita del diritto alla monetizzazione non può aversi allorquando il mancato godimento delle ferie sia incolpevole, non solo perché dovuto ad eventi imprevedibili non dovuti alla volontà del lavoratore, ma anche quando ad essere chiamata in causa sia la «capacità organizzativa del datore di lavoro», nel senso che quest'ultima va esercitata in modo da assicurare che le ferie siano effettivamente godute nel corso del rapporto, quale diritto garantito dalla Carta fondamentale (art. 36, comma terzo), dalle fonti internazionali (Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro n. 132 del 1970, concernente i congedi annuali pagati, ratificata e resa esecutiva con legge 10 aprile 1981, n. 157) e da quelle europee (art. 31, comma 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007; direttiva 23 novembre 1993, n. 93/104/CE del Consiglio), sicché non potrebbe vanificarsi «senza alcuna compensazione economica, il godimento delle ferie compromesso ... da .... causa non imputabile al lavoratore», tra cui rientra quanto deriva dall'inadempimento del datore di lavoro ai propri obblighi organizzativi in materia, i quali non possono che essere ravvisati, per coerenza complessiva dell'ordinamento, nell'assetto sostanziale e processuale quale compiutamente delineato dalla Corte di Giustizia nei termini già sopra evidenziati.
2.4 Ciò rende manifesta l'erroneità dell'argomentare giuridico della Corte territoriale la quale ha valorizzato, come nucleo centrale della propria decisione, gli obblighi del lavoratore, di cui alla contrattazione collettiva, in ordine alla comunicazione al datore di lavoro della pianificazione delle proprie ferie ed il potere del lavoratore di autoorganizzare le stesse, vanificando il diritto alla monetizzazione, pur a fronte di un accumulo esorbitante di ferie non godute (258 giorni) ed un'accertata situazione «endemica» (così la Corte di merito, con aggettivo che ha il significato di diffusa e costante) insufficienza di organico.
L'assetto sostanziale della fattispecie, secondo l'indirizzo della Corte di Giustizia, deve invece muovere dalla verifica di che cosa sia stato fatto dal datore di lavoro perché quelle ferie fossero godute e quali fossero i rapporti tra quell'endemica insufficienza di organico, evidentemente non imputabile al lavoratore, e la necessità di assicurare la prosecuzione del servizio, il tutto infine con una regola ultima di giudizio, individuata sempre dalla Corte di Giustizia, che, nei casi incerti, pone l'onere probatorio a carico del datore di lavoro e non del lavoratore.
2.5 Il principio, in continuità con Cass. 13613/2020, può quindi essere così ulteriormente focalizzato: «il potere del dirigente pubblico di organizzare autonomamente il godimento delle proprie ferie, pur se accompagnato da obblighi previsti dalla contrattazione collettiva di comunicazione al datore di lavoro della pianificazione delle attività e dei riposi, non comporta la perdita del diritto, alla cessazione del rapporto, all'indennità sostitutiva delle ferie se il datore di lavoro non dimostra di avere, in esercizio dei propri doveri di vigilanza ed indirizzo sul punto, formalmente invitato il lavoratore a fruire delle ferie e di avere assicurato altresì che l'organizzazione del lavoro e le esigenze del servizio cui il dirigente era preposto non fossero tali da impedire il loro godimento».
2.6 La Corte territoriale dovrà quindi riesaminare i dati istruttori, definendo la pretesa del OMISSIS facendo applicazione del suddetto principio.
2.7. In chiusura e per completezza, si rileva che quanto sopra non si pone in contrasto con il recente arresto di Cass. 24 febbraio 2022, n. 6262, in quanto in quel contesto la perdita del diritto alla monetizzazione delle ferie fu ritenuta legittima sul presupposto - coerente con il principio di cui sopra - che era stato accertato in concreto che il dirigente (privato), munito del potere di auto organizzare le ferie, «deliberatamente e con piena cognizione delle conseguenze che ne sarebbero derivate, si è astenuto dal fruire» di esse «dopo essere stato posto in condizione di esercitare in modo effettivo il suo diritto alle medesime».
3. Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione dell'art. 17, co. 3 e 4, del C.C.N.L. dirigenti sanità 2002/2005 (art. 360 n. 3 c.p.c.) ed omesso esame di un fatto decisivo (art. 360 n. 5 c.p.c.) per avere erroneamente escluso il diritto del dirigente di struttura complessa ad essere remunerato rispetto ai turni di pronta disponibilità svolti presso la rianimazione, trattandosi di turni dai quali tale figura non era esclusa e che erano stati da lui concretamente svolti con riferimento al servizio di camera iperbarica.
3.1 Anche questo motivo è fondato.
3.2 Gli artt. 16 e 17 del C.C.N.L. dell'area dirigenziale medica disciplinano i servizi di copertura oraria delle unità ospedaliere.
L'art. 16 regolamenta i servizi di "guardia", destinati ad assicurare la presenza presso tali unità di medici anche nelle ore notturne e festive; servizi di "guardia" da cui sono esclusi i dirigenti di struttura complessa e che fanno parte dell'orario normale di lavoro degli altri dirigenti medici o, quando eccedano da esso, del lavoro da considerare straordinario.
L'art. 17 disciplina invece il servizio di pronta disponibilità.
Esso può essere "sostitutivo" del servizio di guardia, evidentemente quando vi siano unità che non necessitino della presenza medica "in loco" del medico e per le quali sia dunque sufficiente, nelle ore notturne o nei festivi, la possibilità che il medico le raggiunga con immediatezza; oppure esso può essere "integrativo", quando l'unità ospedaliera abbia comunque un servizio di guardia, ma possa anche presentare necessità di implementazioni della presenza medica e la norma contrattuale - non a caso, data la tipologia del settore - esclude la pronta reperibilità "sostitutiva" per i servizi di anestesia, rianimazione e terapia intensiva, quale è quello ove operava il OMISSIS.
Oltre a ciò, la norma collettiva, rispetto ai soli servizi di reperibilità "integrativa" - da cui l'esclusione invece dei servizi di pronta reperibilità "sostitutiva" - ne prevede lo svolgimento anche da parte dei dirigenti preposti alle strutture complesse, evidentemente per assicurare una maggiore platea di personale rispetto a situazioni che, proprio per necessitare di quella tipologia di servizio, manifestano a priori la possibilità concreta di un più corposo e rapido intervento medico.
Va da sé, quindi, che l'affermazione della Corte territoriale secondo cui il OMISSIS, in quanto a capo di una struttura complessa, fosse fuori dai servizi di reperibilità, è incoerente con il quadro sopra tracciato, perché la pronta reperibilità in sede di terapia intensiva, che il ricorrente assume di avere assicurato rispetto alla camera iperbarica, è tipicamente di natura "integrativa", tipicamente propria della struttura cui il ricorrente era preposto ed aperta anche ai dirigenti di struttura complessa.
È poi noto che le prestazioni c.d. "aggiuntive" (qui non nel senso di aggiuntive ai servizi di guardia, ma alle ordinarie attività del dirigente medico) si sottraggono, in quanto caratterizzate da una loro specifica ed autonoma enucleazione, anche retributiva, da parte della contrattazione collettiva, al principio della c.d. onnicomprensività, in questo ambito dunque mal richiamato dalla Corte territoriale (Cass. 5 agosto 2020, n. 16711; Cass. 10 dicembre 2019, n. 32264).
Non è dunque vero quanto affermato dalla Corte territoriale, ovverosia che al OMISSIS non potesse spettare il diritto alla remunerazione, entro i limiti massimi previsti dal C.C.N.L. e nella misura in cui vi sia prova o non sia stata contestata la prestazione del corrispondente servizio, profili che, dovendosi cassare sul punto la sentenza impugnata, dovranno essere trattati in sede di rinvio.
4. Il terzo motivo di ricorso per cassazione assume la violazione, da parte della Corte territoriale, degli artt. 2041 e 2042 c.c. con riferimento a disimpegno di turni notturni di guardia attiva (art. 16 del C.C.N.L.) e del compenso la gestione dell'elisuperficie.
4.1 Il motivo è infondato.
4.2 Deve premettersi il richiamo al principio di fondo che regola la retribuzione dirigenziale nel pubblico impiego e che è quello della onnicomprensività di cui all'art. 24 d. lgs. 165/201 (da ultimo, tra le molte, Cass. 24 febbraio 2022, n. 6153).
4.3 Ciò posto e rispetto alle c.d. guardie attive di cui all'art. 16 del C.C.N.L., va evidenziato il fatto che il comma 3 della disposizione collettiva esclude i dirigenti di struttura complessa da tale servizio, che peraltro, in generale, è ricompreso nell'orario di servizio, ordinario o straordinario, di servizio degli altri dirigenti medici (comma 2).
Dal rientrare di quel servizio nell'orario, consegue che la remunerazione può avvenire, proprio in ragione del principio di onnicomprensività, se ed in quanto prevista, a titolo aggiuntivo per il disagio notturno o festivo, dalla contrattazione collettiva, il che può accadere solo per coloro - tra cui non rientrano i dirigenti di struttura complessa in quanto esclusi di regola da quel servizio - le cui prestazioni comportino, in ragione di ciò, uno specifico incremento retributivo. In altre parole, se il dirigente di struttura complessa in concreto svolge quei turni, ciò accade al di fuori delle previsioni di contrattazione collettiva e rientra, in assenza di regole speciali in suo favore, nell'onnicomprensività propria della sua retribuzione, come ha ritenuto in sostanza la Corte territoriale.
4.4 Ancor più il principio vale per le responsabilità di gestione dell'elisuperficie, evidentemente attribuite al Dirigente del servizio intensivo e di rianimazione cui era preposto il ricorrente per chiare ragioni di affinità al servizio medico principalmente prestato, ma che rientrano, come tali, nell'alveo retributivo onnicomprensivo previsto per quest'ultimo.
4.5 In sostanza si tratta in entrambi i casi di prestazioni rese nel sinallagma lavorativo, per di più in un contesto di generale vigenza del principio di onnicomprensività e dunque inidonee a giustificare un'ulteriore retribuzione a titolo contrattuale. Se così è, però, la remuneratività propria della retribuzione della figura dirigenziale, coprendo anche tali prestazioni, non lascia evidentemente alcuno spazio, al di là di ogni altro profilo, per anche solo ragionare in termini di arricchimento.
5. In sostanza, vanno accolti i primi due motivi e rigettato il terzo, con rinvio alla Corte d'Appello di Palermo, affinché decida sui profili ancora non definiti sulla base dei principi di cui sopra.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, rigetta il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d'Appello di Palermo, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio del 12.4.2022.