In caso di licenziamento basato su una riorganizzazione aziendale non dimostrata, il lavoratore va reintegrato non solo indennizzato. Cassazione Ord. n. 6221 - 09 Marzo 2025
In applicazione della Set. N. 128 della Corte Costituzionale, la Corte Suprema di Cassazione con la sentenza in epigrafi, ha stabilito un principio fondamentale di diritto: in caso di licenziamento per GMO, a seguito di riorganizzazione non dimostrata, sotto il regime del cosiddetto JOBACT D. Lgs. n. 23/2015, il lavoratore deve essere reintegrato nel posto di lavoro e non solo indennizzato.
Infatti la Corte Costituzionale n. 128/2024 ha dichiarato l'incostituzionalità dell' Art. 3,comma 2, del D.Lgs. 23/2015 nella parte in cui escludeva la reintegra.
La citata pronuncia ha inteso estendere una tutela rafforzata ai casi in cui la ragione produttiva, organizzativa o economica allegata dal datore di lavoro non è dimostrata.
La Sentenza della C. Cost. 128/2024 ha ripristinato il suddetto diritto dichiarando, come si è detto, illegittimo l'art. 3, comma 1, D. Lgs. 23/2015, laddove prevedeva l'erogazione di una sanzione consistente in una tutela meramente indennitaria.
Rilevante nel caso di specie era l'illegittimità per violazione dell'obbligo di repêchage, ovvero non aver considerato la possibilità di una diversa collocazione per il dipendente
In buona sostanza, se la riorganizzazione è dimostrata, ma il datore ha omesso l'obbligo di repêchage, il vizio è meno grave e comporta solo il pagamento dell'indennità economica; se invece la riorganizzazione non è vera, come nel caso di specie, si applica la reintegra.
In conclusione, la reintegrazione costituisce un principio di tutela prevista dalla legge a favore del lavoratore illegittimamente licenziato e consiste nell'obbligo, in capo al datore di lavoro, di riammettere il dipendente nel medesimo posto che occupava prima del licenziamento dichiarato illegittimo..

