
E’ responsabile il datore di lavoro dell’illecito commesso dal proprio dipendente durante lo svolgimento dell’attività lavorativa, di conseguenza deve risarcire anche il danno morale provocato dall’illecito commesso.
Con sentenza in data 26 settembre 2014, la Corte d' Appello di Genova, in parziale riforma della decisione del locale Tribunale, ha aumentato ad euro 97. 185,00 l'importo pari ad euro 69. 110,00 riconosciuto a titolo di risarcimento del danno in favore di M.M. M. condannando altresì in solido la C. C S.p.A. e la C. S. C. and Service International alla rifusione delle spese di lite.
In particolare, il giudice di secondo grado ha ritenuto, confermando sul punto la decisione del Tribunale, che la responsabilità indiretta del datore di lavoro ex art. 2049 C.C. per il fatto dannoso commesso dal dipendente, non richiede che fra le mansioni affidate all'autore dell'illecito e l'evento sussista un nesso di causalità, essendo sufficiente un nesso di occasionalità necessaria, per essere irrilevante che il dipendente medesimo abbia agito con dolo o per finalità strettamente personali.
La Corte d'appello ha, tuttavia, ritenuto insufficiente la somma quantificata in primo grado per il risarcimento del danno subito dalla lavoratrice, in considerazione della gravità del pregiudizio fisico e psichico riportati per effetto delle molestie sessuali poste in essere nei suoi confronti da due dipendenti, suoi superiori gerarchici, e seguite, a breve distanza di tempo, dallo stupro perpetrato nei propri confronti da uno dei due.
Il giudice di secondo grado, quindi, ha reputato equo aumentare del 50% l'importo riconosciuto a titolo di danno non patrimoniale, per consentire un pieno ristoro del pregiudizio subìto dalla ricorrente.
Il datore ricorreva per Cassazione ...
Decisione della Cassazione. Civile Sent. Sez. L Num. 4099 Anno 2020
E' responsabile il datore di lavoro per il fatto illecito commesso dal proprio dipendente, di conseguenza deve risarcire la vittima per il danno biologico subito...anche in considerazione del danno alla vita di relazione che il fatto ha provocato.
Dunque, considerata la sofferenza interiore provata dalla vittima, la stessa ha diritto al risarcimento del danno morale...
Pertanto la Suprema Corte accogli il ricorso della lavoratrice.