Discriminazione per Motivi Sindacali... Cass. Civile Sent. Sez. L Num. 1 Anno 2020
La Corte di appello di Omissis, con sentenza del 21. 11.2014,
respingeva il gravame proposto dal Sindacato Omissis - Sindacato
Lavoratori Autorganizzati Intercategoriale - avverso la decisione del
Tribunale di Omissis che aveva respinto il ricorso in opposizione avanzato
dal Sindacato, confermando l'affermata carenza di legittimazione
attiva della 00.SS., per non sussistere il requisito della nazionalità:
era evidenziata la mancata prova dello svolgimento di una effettiva
attività sindacale connotata dal carattere nazionale in quanto la
documentazione in atti era riferita a fatti risalenti nel tempo e ad
azioni a carattere meramente localistico.
La Corte disattendeva la decisione impugnata quanto al ritenuto
difetto di legittimazione attiva del sindacato, ritenendo che il requisito
della rappresentatività richiesto dall'art. 28 St. Lav. fosse meno
impegnativo di quello della maggiore rappresentatività richiesto per la
costituzione di r.s.a. e che nella specie lo aveva posto in
essere attività di sicuro rilievo nazionale.
Quanto alla condotta della società Omissis s.p.a.,
consistita nell'avere trasferito, dallo stabilimento 316 lavoratori, di cui 77 iscritti al Sindacato Omissis o selezionati tra gli invalidi, la Corte di Omissis ne escludeva la
asserita natura discriminatoria e/o illecita, ritenendo che il dato
numerico, per quanto suggestivo, non fosse attendibile, poiché
difettava di ogni termine di comparazione in riferimento alla
consistenza ed entità dell'intero organico dello stabilimento di Omissis all'epoca del trasferimento.
Secondo il giudice del gravame, le ragioni del disposto trasferimento collettivo, lungi dal costituire il frutto di un intento antisindacale, corrispondevano ad una esigenza comprovata di razionalizzazione del processo industriale e di ottimizzazione dell'organizzazione aziendale.
Peraltro, la scelta era stata ispirata ad
un criterio "produttivistico", essendo stato richiesto ai singoli capi OMISSIS quali lavoratori fossero da assegnare all'Area Logistica ed essendo
stati questi indicati in base a skill professionali ed attitudinali, il che
non consentiva al giudice di valutare il merito della scelta effettuata,
residuando lo spazio solo per verificare l'effettività delle ragioni
addotte a sostegno dell'esercizio dello ius variandi.
Veniva, poi, escluso che fosse stato violato l'obbligo, previsto
dall'art. 16, comma IV, del CCNL di categoria, di informazione e
consultazione attraverso apposita procedura, essendo dall'istruttoria
risultato che gli oneri relativi erano stati assolti, con conseguente
esclusione della dedotta antisindacalità della condotta.
Di tale decisione domanda la cassazione lo OMISSIS, affidando l'impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, la Omissis s.p.a., che propone ricorso incidentale, affidato ad unico motivo.
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Le S.U. di questa Corte hanno ribadito che, in presenza di tale
requisito, devono intendersi legittimate anche le associazioni sindacali
intercategoriali per le quali, peraltro, i limiti minimi di presenza sul
territorio nazionale devono ritenersi più elevati di quelli di una
associazione di categoria .
Passando all'esame del ricorso principale, va precisato che il procedimento ex art. 28 S. L. è riservato ai casi in cui venga in questione la tutela dell'interesse collettivo del sindacato al libero esercizio delle sue prerogative, interesse che è distinto ed autonomo rispetto a quello dei singoli lavoratori.
L'art. 5, comma 2, del d. Igs. 216/2003 prevede l'azione delle organizzazioni sindacali, delle associazioni e delle organizzazioni rappresentative del diritto o dell'interesse leso qualora si intenda far valere una discriminazione collettiva a danno di un gruppo di lavoratori identificati dall'appartenenza sindacale e, dunque, non individuati nominativamente in modo diretto e immediato quali persone lese dalla discriminazione (cfr. Cass. 20.7. 2018 n. 19443).
Nonostante i
punti di contatto, entrambe collettive ed entrambe poste a tutela di
un interesse collettivo, le due azioni processuali sono diverse e la
scelta della Omissis di fare rientrare l'appartenenza sindacale nel motivo
delle convinzioni personali ha avuto l'effetto di rendere in parte
fungibili le due azioni.
Nella specie il profilo dedotto, che asseritamente incide in termini negativi sull' interesse del sindacato al libero esercizio delle sue prerogative è quello della discriminatorietà della condotta, consistita nel trasferimento al Polo Logistico di Omissis di un numero percentualmente elevato di lavoratori dello stabilimento di Omissis iscritti al sindacato Omissis.
Con riguardo alla possibilità di includere nell'espressione
"convinzioni personali" di cui all'art. 1 d. Igs. 216/2003, secondo lo
spirito della direttiva 2000/78, di cui il decreto legislativo costituisce
attuazione, (in particolare l'art. 4 d.lgs.216/03, prevedente il
principio di parità di trattamento senza distinzione di religione, di
convinzioni personali, di handicap, di età e di orientamento sessuale
si applica a tutte le persone sia nel settore pubblico che privato ed è
suscettibile di tutela giurisdizionale secondo le forme previste
dall'articolo 4, con specifico riferimento tra l' atro, alla lett. a)
all' accesso all'occupazione e al lavoro, sia autonomo che dipendente,
compresi i criteri di selezione e le condizioni di assunzione) tale
Direttiva stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in
materia di occupazione e di condizioni di lavoro, individuando il
campo di applicazione del provvedimento, le azioni e le misure
specifiche dirette ad evitare le discriminazioni sul luogo di lavoro.
È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso,la razza, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali".
Nel caso specifico può senz'altro ritenersi che la direttiva
2000/78/CE, tutelando le convinzioni personali avverso le
discriminazioni, abbia dato ingresso nell'ordinamento comunitario al
formale riconoscimento (seppure nel solo ambito della regolazione dei
rapporti di lavoro) della libertà ideologica il cui ampio contenuto
materiale può essere stabilito anche facendo riferimento all'art. 6 del
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TUE e, quindi, alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Infatti,
se il legislatore comunitario avesse voluto comprendere nelle
convinzioni personali solo quelle assimilabili al carattere religioso, non
avrebbe avuto alcun bisogno di differenziare le ipotesi di
discriminazione per motivi religiosi da quelle per convinzioni per
motivi diversi.
Il contenuto dell'espressione "convinzioni personali" richiamato dall'art. 4 d.lgs. 216/03 non può perciò che essere interpretato nel contesto del sistema normativo speciale in cui è inserito, restando del tutto irrilevante che in altri testi normativi l'espressione "convinzioni personali" possa essere utilizzata come alternativa al concetto di opinioni politiche o sindacali.
Sicuramente l'affiliazione sindacale
rappresenta la professione pragmatica di una ideologia di natura
diversa da quella religiosa, connotata da specifici motivi di
appartenenza ad un organismo socialmente e politicamente
qualificato a rappresentare opinioni, idee, credenze suscettibili di
tutela in quanto oggetto di possibili atti discriminatori vietati.
Pertanto, nell'ambito della categoria generale delle convinzioni
personali, caratterizzata dall'eterogeneità delle ipotesi di
discriminazione ideologica estesa alla sfera dei rapporti sociali, può
essere ricompresa, diversamente da quanto sostiene la società, anche
la discriminazione per motivi sindacali, con il conseguente divieto di
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atti o comportamenti idonei a realizzare una diversità di trattamento
o un pregiudizio in ragione dell'affiliazione o della partecipazione del
lavoratore ad attività sindacali.
Nell'ambito del giudizio antidiscriminatorio l'attore ha soltanto l'onere di fornire elementi di fatto, anche di carattere statistico, idonei a far presumere l'esistenza di una discriminazione, ma non è affatto previsto che i dati statistici debbano assurgere ad autonoma fonte di prova; conseguentemente, qualora il dato statistico fornito dal 12 Corte di Cassazione - copia non ufficiale ricorrente indichi una condizione di svantaggio per un gruppo di lavoratori, è onere del datore di lavoro dimostrare che le scelte sono state invece effettuate secondo criteri oggettivi e non discriminatori (cfr. art. 8 Direttiva 2000/78/CE e Par 15 dei "considerando").
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbito il
secondo, rigetta il ricorso incidentale, cassa la decisione impugnata
in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d'appello di Omissis,
in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche alla
liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.