Demansionamento: Prova del danno attraverso l'allegazione di elementi presuntivi....(Cass. Civ., n. 25743/2018).
Rilevato che:
Con la sentenza n. 1529, pubblicata il 3.2.2014, la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della pronuncia n. 3247/2010 emessa dal Tribunale della stessa città, ha riconosciuto il diritto di C. Vincenzo all'inquadramento nel III livello CCNL SIP dal momento del transito in Telecom Italia spa e al 5° livello G CCNL Aziende di Telecomunicazione con qualifica di responsabile dall'1.10.1996, attuale 7 livello del CCNL in vigore, con assegnazione a mansioni corrispondenti all'inquadramento di cui sopra e con ogni conseguenza economica, normativa e previdenziale; che avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione C. Vincenzo affidato a due motivi; che la Telecom Italia spa ha resistito con controricorso, formulando ricorso incidentale sulla base di un motivo cui. ha a sua volta resistito C. Vincenzo;
che il P.G. non ha formulato richieste scritte.
CONSIDERATO che
1) nel ricorso introduttivo erano stati prospettati i fatti relativi allo svolgimento delle mansioni svolte presso l'ASST e successivamente presso IRITEL, SIP ed infine Telecom, articolando prova testimoniale sul punto, da cui emergeva chiaramente l'avvenuta violazione del diritto alla tutela della professionalità acquisita e, conseguentemente, la fondatezza della sua pretesa risarcitoria; 2) l'omesso esame degli elementi di fatto emersi ed accertati dalla Corte per il diritto al III livello SIP, ai fini della prova presuntiva del danno da perdita di professionalità, l'omesso esame della richiesta di ammissione della prova per testi articolata (capitoli da 10 a 23 del ricorso introduttivo) (art. 360 n. 5 cpc), per avere omesso la Corte di esaminare gli accertamenti in fatto e in diritto emersi, quali la prolungata e sistematica adibizione a mansioni nettamente inferiori a quelle riconosciute, la totale privazione del potere di coordinamento e di responsabilità, nonché l'ambiente di lavoro in cui il C. Vincenzo operava ai fini della prova presuntiva del danno alla dignità e professionalità;
3 che i due motivi del ricorso principale, da valutarsi congiuntamente per la loro connessione, sono, invece, fondati nei sensi che seguono: invero, la Corte di merito esattamente, in astratto, ha richiamato il principio di legittimità secondo cui il danno da demansionamento non è in re ipsa (cfr. Cass. Sez. Un. n. 6572/2006; Cass. 6.12.2005 n. 26666); tuttavia, lo stesso orientamento giurisprudenziale ha precisato che la prova di tale danno può essere data, ai sensi dell'art. 2729 cc, anche attraverso l'allegazione di presunzioni gravi, precise e concordanti, sicché a tal fine possono essere valutati, quali elementi presuntivi, la qualità e quantità dell'attività lavorativa svolta, il tipo e la natura della professionalità coinvolta, la durata del demansionamento, la diversa e nuova collocazione lavorativa assunta dopo la prospettata qualificazione (cfr. Cass. n. 14729/2006; Cass. n. 29832/2008).
La
Corte di merito, pur richiamando i suddetti elementi ai fini di ritenere
dimostrata la denunziata qualificazione, ha però in modo non
condivisibile ritenuto non allegato né provato il patito danno, non
applicando correttamente, attraverso un prudente apprezzamento, il
procedimento presuntivo da cui risalire al fatto ignoto (esistenza del
danno) da quello noto (dimostrazione comunque di una
dequalificazione accertata per le ragioni esplicitate nella gravata
pronuncia) e non considerando, altresì, che le circostanze poste a
fondamento della pretesa, da cui potere desumere la perdita di alcuni
tratti qualificanti la professionalità del lavoratore, erano state rite et
recte evidenziate nel ricorso introduttivo;
che, pertanto, la Corte di appello ha disatteso i principi sopra
richiamati, in particolare quello secondo cui ogni pregiudizio, di natura
non meramente emotiva od interiore, ma oggettivamente accertabile
sul fare reddituale del soggetto va dimostrato in giudizio con tutti i
mezzi consentiti dall'ordinamento, assumendo peraltro precipuo rilievo
la prova per presunzioni (cfr. Cass. 19.12.2008 n. 29832);
che la impugnata sentenza, in relazione ai motivi accolti nei sensi di cui sopra, va, quindi, cassata con rinvio alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, la quale provvederà sulla domanda risarcitoria del danno da demansionamento applicando i principi e le indicazioni riportate nonché statuirà anche sulle spese di legittimità.
che, ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel
testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi,
ricorrendone i presupposti per la ricorrente incidentale, come da
dispositivo.
P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso incidentale; accoglie il ricorso principale nei
sensi di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata in relazione ai
motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Milano, in diversa
composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del
giudizio di legittimità. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del DPR n.
115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da
parte della ricorrente incidentale, dell'ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a
norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma nella Adunanza camerale del 18 luglio 2018.