Legittimo il rifiuto di adempiere ad un ordine datoriale solo nel caso in cui detta condotta sia improntata a correttezza e buona fede… Corte di Cassazione con ordinanza n. 10227 del 18.Aprile .2023.

27.05.2023

Il caso trattato dalla Corte riguarda alcuni dipendenti che impugnano la sanzione della sospensione irrogata loro dal datore di lavoro perché, aderendo ad una protesta indetta dal sindacato, avevano rifiutato di svolgere una prestazione lavorativa in anticipo rispetto all'ordinaria programmazione dell'orario di lavoro.

Il rifiuto motivato dalla convinzione dei lavoratori e del sindacato cui i medesimi aderivano di illegittimità della richiesta datoriale in quanto fondata sulle previsioni del contratto collettivo territoriale di ampliamento della fascia oraria, che essi ritenevano illegittime in quanto adottate senza il rispetto della apposita procedura prevista dal c.c.n.l..

La Corte d'Appello rigetta il ricorso considerando l'assenza di pericoli o illiceità connesse alla disposizione di servizio.

La Cassazione conferma la pronuncia di merito rilevando che, nei contratti a prestazioni corrispettive, tra i quali rientra il contratto di lavoro, qualora una delle parti adduca, a giustificazione della propria inadempienza, l'inadempimento dell'altra, il giudice deve procedere alla valutazione comparativa dei comportamenti, considerando non tanto il mero elemento cronologico quanto i rapporti di causalita' e proporzionalita' esistenti tra le prestazioni inadempiute rispetto alla funzione economico sociale del contratto, il tutto alla luce dei reciproci obblighi di correttezza e buona fede ex articoli 1175 e 1375 c.c., e ai sensi dello stesso cpv. dell'articolo 1460 c.c., affinche' l'eccezione di inadempimento sia conforme a buona fede e non pretestuosamente strumentale all'intento di sottrarsi alle proprie obbligazioni contrattuali (v. Cass. 4 novembre 2003, n. 16530; Cass. 7 novembre 2005, n. 21479; Cass. 16 maggio 2006, n. 11430; Cass. 4 febbraio 2009, n. 2729; Cass. 29.3.2019 n. 8911).

In relazione all'articolo 1460 c.c., si e', ad esempio, ritenuto che "il lavoratore adibito a mansioni non rispondenti alla qualifica puo' chiedere giudizialmente la riconduzione della prestazione nell'ambito della qualifica di appartenenza, ma non puo' rifiutarsi senza avallo giudiziario di eseguire la prestazione richiestagli, essendo egli tenuto a osservare le disposizioni per l'esecuzione del lavoro impartite dall'imprenditore, ai sensi degli articoli 2086 e 2104 c.c., da applicarsi alla stregua del principio sancito dall'articolo 41 Cost., e potendo egli invocare l'articolo 1460 c.c., solo in caso di totale inadempimento del datore di lavoro, o che sia tanto grave da incidere in maniera irrimediabile sulle esigenze vitali del lavoratore medesimo.

Nella fattispecie oggetto di causa, la Corte d'appello, nell'eseguire la valutazione comparativa del comportamento delle parti, alla luce dei reciproci obblighi e dei criteri di correttezza e buona fede, ha posto in risalto il dato per cui l'ordine datoriale di anticipazione dell'orario di lavoro, dalle 5.00 alle 4.25, poggiava su una fonte contrattuale apparentemente valida ed efficace ("fino al venir meno della fonte per conferenti iniziative negoziali dei soggetti collettivi contraenti, il patto ivi posto doveva considerarsi esistente e idoneo a integrare i contratti individuali di lavoro", pag. 5 della sentenza); inoltre, la richiesta di turno allargato non solo non aveva profili di illiceità penalmente rilevanti, ma era stata rivolta a ciascun lavoratore al massimo in due occasioni, senza quindi pregiudizio per le loro esigenze vitali (pag. 6).

Ove anche la fonte collettiva del potere datoriale fosse stata viziata, perche' non rispettosa della procedura imposta dal contratto collettivo nazionale, a parere dei giudici di appello, l'inadempimento derivante dalla conformazione della societa' al contratto decentrato non avrebbe avuto caratteristiche di tale gravita' da giustificare il rifiuto dei lavoratori di eseguire la prestazione nell'orario allargato, tenuto conto, oltre che della apparentia iuris, dell'assenza di concreta lesione alle esigenze vitali dei dipendenti e, in parallelo, delle conseguenze negative (in termini di ritardo dei treni) che tale rifiuto aveva provocato sul funzionamento del servizio di trasporto pubblico gestito da (OMISSIS).

Nell'eseguire la valutazione appena esposta ai fini dell'articolo 1460 c.c., la Corte di merito ha fatto corretta applicazione dei principi di diritto sopra richiamati e dei criteri di ragionevolezza e proporzionalità nell'individuare e soppesare i rispettivi inadempimenti delle parti del contratto di lavoro.

Tale valutazione, coerente alle linee guida indicate in sede di legittimita', si sottrae alle censure di violazione di legge come denunciate, dal che discende il rigetto del ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti alla rifusione delle spese del giudizio di legittimita' che liquida in Euro 200,00 per esborsi e Euro 700,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.