Legittimo il licenziamento del dipendente che usa i permessi sindacali per finalità personali.Cassazione Num. 17287 Anno 2022
La Corte di appello di Salerno, pronunziando quale giudice del reclamo ex lege n. 92/2012, in riforma della sentenza di primo grado, ha respinto la domanda con la quale OMISSIS aveva impugnato il licenziamento disciplinare intimatogli il 31.5.2016 da SPA O.M.I.S.S.I.S. di Omissis , sulla base di contestazione che addebitava al lavoratore di avere, quale rappresentante per la sicurezza dei lavoratori del sito produttivo del Porto di Omissis, fruito di permessi giornalieri sindacali per oltre tre mesi continuativi, nel periodo dal gennaio ad aprile 2016, per finalità personali, diverse daquelle per le quali i detti permessi erano stati previsti e concessi;
Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso Omissis sulla base di un unico motivo; la parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso;
3. sono state depositate memorie ai sensi dell'art. 380- bis, 1 cod. proc. civ.;
Considerato che:
con l'unico motivo di ricorso parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 cod. civ. censurando la sentenza impugnata per avere, in sintesi, ritenuto gravare sul lavoratore la prova della infondatezza degli addebiti contestati; ciò in contrato con il principio consolidato per cui è il datore di lavo ha il dovere di provare la sussistenza della giusta causa o del giustificato motivo soggettivo; nello specifico tale prova non poteva ritenersi raggiunta sulla scorta delle emergenze in atti posto che il datore di lavoro si era affidato ad un report investigativo, non realmente rappresentativo dell'attività espletata dal lavoratore;
il motivo è infondato;
la Corte di appello ha osservato che le risultanze dell'indagine investigativa svolta nei confronti del Omissis (nonché del di lui collega Omissis), nei giorni in cui questi aveva usufruito dei permessi connessi all'incarico ex art. 50 d. Igs. n. 81/2008 di rappresentante per la sicurezza dei lavoratori nel sito produttivo del Porto di Salerno, deponevano nel senso della oggettiva incompatibilità di gran parte delle attività svolte dal dipendente con quelle proprie di tale incarico;
invero il Omissis era stato visto recarsi ripetutamente in vari bar cittadini, effettuare passeggiate sul lungomare, entrare in esercizi commerciali, attendere ad incombenze familiari ecc.; tali risultanze erano state confermate in sede di prova testimoniale dall'investigatore. Il giudice di appello ha quindi affermato che una volta che era stato contestato lo svolgimento di alcuna delle attività proprie del rappresentante della sicurezza era sul lavoratore che gravava l'onere probatorio di dimostrare di essere stato effettivamente impegnato nell'espletamento dell'incarico di cui all'art. 50 d. Igs n. 81/2008; nella concreta tale prova non era stata offerta; tale ragionamento decisorio non si pone in contrasto con i principi in tema di onere probatorio, onere interamente gravante, ai sensi dell'art. 5 I n. 604/1966, sulla parte datoriale (Cass. n. 13188/2003, Cass. n. 9590/2001, Cass. n. 3395/2001);
2.3. occorre premettere che la violazione dell'art. 2697 cod. civ., è censurabile per cassazione ai sensi dell'art. 360, co. 1, n. 3 cod. proc. civ. soltanto nell'ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l'onere della prova ad una parte diversa da quella che ne fosse onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione t~t che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (Cass. n. 15107/ 2013, Cass. n.13395/2018); nella sentenza impugnata non è in alcun modo ravvisabile un sovvertimento dell'onere probatorio in tema di giusta causa di licenziamento.
La Corte di merito, infatti, all'esito dell'analitico vaglio delle emergenze in atti ed in particolare di quelle rivenienti dalla prova orale, ha ritenuto a fronte di un quadro probatorio consolidatosi nel senso dell' attribuibilità al lavoratore del fatto contestato, costituiva onere di quest'ultimo offrire elementi idonei ad incrinare tale quadro, onere ritenuto in concreto non assolto.
In altri termini, posto che era stato dimostrato attraverso le indagini investigative confermate in sede di prova orale che il Omissis per la maggior parte del periodo in cui aveva usufruito dei permessi connessi all'incarico di rappresentante per la sicurezza aveva svolto attività in gran parte incompatibili con detto incarico, era il Omissis medesimo a dover offrire elementi idonei ad inficiare tale ricostruzione.
Tanto esclude la denunziata violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 cod. civ. quale regola residuale di giudizio in conseguenza della quale la mancanza, in seno alle risultanze istruttorie, di elementi idonei all'accertamento della sussistenza del diritto in contestazione determina la soccombenza della parte onerata della dimostrazione dei relativi fatti costitutivi;
al rigetto del ricorso consegue il regolamento delle spese di lite secondo soccombenza;
4. sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso a norma del comma i bis dell'art.13 d. P.R. n. 115/2002 (Cass. Sez. Un. n. 23535/2019).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in C 5.000,00 per compensi professionali, C 200,00 per esborsi oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 17 marzo 2022